Dolore al tallone: è davvero così fastidioso?
Quanto tempo ci vuole per curare una tallodinia?
La nuova tecnica percutanea mininvasiva è di grande aiuto anche per la soluzione di questi problemi.
Per chi si occupa di chirurgia del piede, una delle patologie di più frequente riscontro nelle attività quotidiane è il dolore al tallone.
Normalmente si tratta di pazienti che soffrono di un dolore al tallone che si avverte particolarmente la mattina o quando ci si rimette in piedi dopo essere stati seduti a lungo.
Spesso viene chiamato sperone o fascite ma il termine più corretto è tallodinia, ovvero, dolore al tallone.
La tallodinia può essere dovuta a diverse cause tra cui lo sperone calcaneale, una fascite plantare o un dolore intrinseco del tallone dovuto all’aumento della pressione endossea.
Certamente un problema posturale, un appoggio scorretto del piede anche inavvertito, una scarpa anomala possono essere la causa scatenante.
Ci tengo a precisare che questa patologia non va confusa con la tendinopatia inserzionale dell’Achille con il Morbo di Haglund o con lo sperone calcaneare posteriore di cui parleremo in un prossimo articolo.
Quando inizia un dolore al tallone spesso viene sottovalutato e, continuando a mantenere l’abituale carico di appoggio, la malattia comincia a cronicizzare.
Per risolvere la problematica, l’ideale sarebbe stare a riposo su un lettino in una bella spiaggia dei caraibi.
Se così non fosse, possiamo cominciare con della terapia fisica: onde d’urto, laser, ultrasuoni, tecar, ma soprattutto, un certo tipo di manipolzazione articolare e fasciale del piede, e l’allungamento del sistema achilleo calcaneo-plantare e della catena cinetica posteriore allo scopo di allungare le contratture che aumentano la pressione sul calcagno e ripristinare la corretta postura.
In questo caso il fisioterapista riveste un ruolo molto importante, ma anche il podologo può dare un grosso aiuto al paziente nella risoluzione della problematica. Un buon appoggio ottenuto con l’ausilio di un plantare su misura potrebbe nel tempo, guarire definitivamente la malattia. Indossare sempre una scarpa con un pò di rialzo e di tacco, che detende il sistema achilleo calcaneo plantare, mai scarpa piatta.
Nei casi più acuti eseguo una terapia infiltrativa con un cortisonico locale, 2-3 applicazioni spesso aiutano il paziente.
Se tutto ciò non fosse sufficente, trascorsi 6-8 mesi di inefficacia dei trattamenti conservativi e con una ecografia che documenti un ispessimento della fascia plantare superiore a 6 mm, siamo costretti ad affidarci al tratatmento chirurgico.
Tempo fa gli interventi erano un pò invasivi per quella regione anatomica: le cicatrici sulla pianta del piede hanno dato veramente problemi enormi siamo passati poi ad interventi endoscopici, ma oggi si può finalmente parlare di una novità molto interessante e certamente molto meno invasiva anche se il dolore al tallone rimane sempre un problema complesso.
Con la tecnica che utilizzo ora, la stessa tecnica “dei buchini” che si una per correggere l’alluce valgo, si fa un piccolo forellino sul tallone dal quale riusciamo sia a sezionare la fascia in tensione sia a togliere lo speroncino osseo. L’ anestesia viene fatte solo al piede e con un ricovero in Day Hospital risolviamo il problema. I risultati sono buoni e di certo abbiamo superato il problema delle cicatrici sulla pianta del piede.
Quando il dolore è dovuto anche ad un aumento della pressione dentro l’osso del calcagno si possono associare delle perforazioni dell’osso sempre tramite dei piccoli forellini. Questa pratica va effettuata solo a fronte di una risonanza magnetica e la valutazione di un medico esperto.
Dopo l’ intervento la deambulazione è immediata e cautelata per 20 gg e bisogna indossare una scarpetta post operatoria.
Un pò di fisioterapia è sempre consigliata per edema e per la rieducazione al cammino, così come piscina e bicicletta.
Mediamente dipocirca un mese dall’ intervento è possibile rientrare al lavoro, per qualcuno invece ne servono circa un paio.